Le note della passione 3. Mi avrai (Italian Edition) by Cd Reiss

Le note della passione 3. Mi avrai (Italian Edition) by Cd Reiss

autore:Cd Reiss
La lingua: ita
Format: azw3
Tags: Romance, Foreign Languages, Italian, Foreign Language Fiction, Literature & Fiction
editore: SPERLING & KUPFER
pubblicato: 2015-02-17T23:00:00+00:00


Cantare

Prendimi per mano, amore mio.

Su tendini d’aria incediamo,

null’altro che la distanza è la nostra guida

senza ritmo nel nostro passo

senza destinazione prefissata

né mappe né progetti

secondo le spine di una rosa dei venti

avanziamo verso l’orizzonte.

1

Monica

Il dottor Thorensen aveva montato le luminarie natalizie il 1° dicembre, due settimane prima del solito, addobbando le rifiniture di legno e la recinzione di sequoia con minuscoli puntini multicolori. Niente grassi pupazzi di neve gonfiabili. Niente Babbo Natale. Niente elfi. Solo piccole lampadine eleganti che conferivano alla sua proprietà un’atmosfera festosa.

Era troppo presto per suonargli il campanello. Il mio vicino era un quasi quarantenne single, ed era martedì mattina. Probabilmente era già in ospedale. Impegnato, forse, a strusciarsi contro una delle donne che vedevo arrivare di tanto in tanto. Ma mi stavano saltando i nervi. Non potevo aspettare un minuto di più e avevo notato che il dottore faceva orari insoliti. Lo osservai attraverso il vetro con una polo e un paio di jeans, e una tazza di caffè in mano. Aprì la porta con un’espressione seria.

«Monica, ti ho bloccato di nuovo il vialetto?» Mi squadrò. Dovevo essere in condizioni pietose. «Tutto bene?»

«No, a dire il vero.»

«Che cos’è successo?»

Mi sentii sciocca, come la protagonista di un aneddoto che poi lui avrebbe raccontato agli amici. Ero diventata l’irritante ragazza della porta accanto. Una volta, Thorensen mi aveva spiegato di non aver messo fuori dal cancelletto la targa con la scritta MEDICO perché voleva tenere alla larga gli scocciatori e i vicini con il raffreddore. Avevo riso quando mi aveva parlato della madre di un alunno della scuola Montessori, che gli aveva chiesto di controllare il ginocchio sbucciato del figlio. Così avevo evitato di importunarlo per cinque lunghi giorni di inconsolabile solitudine.

Tuttavia era un cardiologo. Mi uscì una frase sconnessa. «Non volevo disturbarla – insomma, non è che lui non possa permettersi i migliori medici del mondo –, ma ho paura di esprimere ciò che penso o di passare per una pazza, così mi sono domandata se per caso lei eserciti al Sequoia Hospital.»

«Sì.» Temetti che avrebbe aggiunto: «Mi dispiace, non lavoro in questo momento. Ho il diritto di starmene in pace come tutti i comuni mortali, e il fatto che abbia speso duecentocinquantamila dollari per l’università non fa di me una proprietà pubblica». Invece si spostò e mi invitò: «Entra».

Non avevo mai messo piede in casa sua. Anche se mi aveva sempre incuriosita, non registrai nessun dettaglio; nell’ultima settimana il cervello aveva deciso di concentrarsi sulle uniche cose che considerava importanti: respirare, preoccuparsi per Jonathan e desiderare la morte di Jessica. Appena superai il salotto, però, alcune spie lampeggianti catturarono la mia attenzione. C’erano tre enormi TV a schermo piatto con alcune poltrone di cuoio davanti. Riconobbi l’ambientazione steampunk perché le avevo viste a una festa cui avevo partecipato prima di conoscere Jonathan. In un’altra vita.

«Gioca a Dante’s Inferno?» domandai. Quel gioco era molto competitivo e complesso, e dava più assuefazione del crack.

«Sì.» Parve un po’ in imbarazzo. «Ogni tanto ho bisogno di rilassarmi, sai.»

«Conosco un tizio che, quando gioca, indossa le mutande impermeabili per evitare di alzarsi per andare in bagno.



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